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L'arte del narrare l'ho imparata nei caffè di Montevideo

20/11/2020

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Non ho avuto la fortuna di conoscere Sheherazade, non ho appreso l'arte del narrare nei palazzi di Baghdad, la mia università furono i vecchi caffè di Montevideo, i narratori anonimi mi insegnarono ciò che so.
Nella scarsa educazione formale che ebbi (non superai la prima liceo), fui un pessimo studente di storia. E nei caffè scoprii che il passato era presente e che la memoria poteva essere raccontata in una maniera tale che smetteva di essere “ieri” per diventare "ora".
Non ricordo il nome né il viso dei miei primi "professori"… che si riuniscono ancora nei pochi caffè che restano, per evocare i tempi in cui si aveva il tempo di perdere tempo.
Uno di questi raccontò una storia, quando io ero molto giovane.
Era una storia del 1904. La sua età rivelava che non poteva essere un testimone dei fatti, però raccontava come se ci fosse stato.
Fu la mia prima lezione sull'arte del narrare, che è una bugia che dice la verità.
E ascoltando capii che si poteva raccontare in un modo tale che ciò che era accaduto nel passato ritornava in vita quando uno lo racconta. E capii come si possa sentire quel remoto tuono degli zoccoli dei cavalli, come si possano vedere le impronte nella sabbia, anche se il pavimento è di mattonelle o di legno.
Quell’uomo, per dire la verità, mentiva, dicendo che le aveva percorse, le praterie insanguinate dopo una battaglia, e aveva visto i morti.
E uno dei morti era un angelo, un ragazzo bellissimo, con la fascia bianca, rossa di sangue. E la fascia diceva "Per la Patria e per Lei" e la pallottola era entrata proprio attraverso la parola "Lei".
 
Un secondo racconto sui miei primi passi sull'arte del narrare. 
Il paese boliviano Z. viveva della miniera e la miniera divorava i suoi figli, infilati nelle voragini, nelle viscere della montagna … in pochi anni perdevano i polmoni e la vita.
Avevo passato del tempo lì con loro e avevo degli amici. Era arrivato il momento della partenza. Bevemmo tutta la notte, i minatori ed io, cantando la tristezza, raccontando barzellette delle più cattive.
Quando stava per fare giorno, quando mancava poco al fischio della sirena che li avrebbe richiamati al lavoro, i miei amici rimasero in silenzio tutti insieme e uno di loro mi chiese: "E ora dicci com'è il mare"
Io rimasi in silenzio. Però insistevano: "Raccontaci come è il mare". 
Nessuno di loro l’avrebbe mai visto, tutti sarebbero morti presto. E io non avevo altra scelta che portare loro il mare, il mare che era molto lontano, e trovare le parole che fossero capaci di bagnarli. 


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    Coltivo l'arte della narrazione orale o 'storytelling' come disciplina artistica e mezzo per comunicare con mondi diversi.
    Il blog nasce dal desiderio di trasmettere ciò che ho imparato (e che continuo ad imparare ogni giorno) su quest'arte.

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