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Gramsci e i racconti

22/1/2021

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22 gennaio 1891 - Gramsci nasceva  130 anni fa
21 gennaio 1921, 100 anni fa, fondava insieme ad altri compagni il Partito Comunista d'Italia.
Possiamo raccontarlo anche attraverso le piccole storie dell'infanzia, le fiabe e novelle tratte dai Quaderni e dalle Lettere dal Carcere. Ma non dimentichiamo di aggiungere che furono scritte in carcere da un intellettuale comunista e antifascista.

Può sorprendere che il rigoroso pensatore marxista e comunista si sia interessato di fiabe e racconti fantastici. Può sorprendere che abbia trovato il tempo di occuparsi di cose del genere durante la durissima costrizione carceraria. 
D'altro canto, si può anche pensare di prendere questi racconti e novelle, estrapolarli dal loro contesto e pubblicarli magari con il titolo "Fiabe di Antonio Gramsci", quasi fosse uno scrittore per l'infanzia.
Facciamo un gran torto ad uno dei più grandi pensatori del XX secolo se, da una parte consideriamo come secondari questi particolari testi, o dall'altra li utilizziamo fuori dal loro contesto, senza parlare anche delle idee politiche e filosofiche che costituiscono la forza del suo pensiero.

Riflettendo su questo difficile crinale, qualche anno fa, ho pensato di creare uno spettacolo che potesse narrare nello spazio di un'ora chi era Gramsci attraverso i suoi racconti, per invitare poi ad approfondire a scuola o in famiglia. Ho pensato di servirmi del teatrino kamishibai e ho creato una serie di immagini (in modo molto artigianale) che accompagnano il racconto della vita di Nino, il bambino che da Ghilarza affronta il "mondo grande e terribile" sorretto sempre da una forza morale che si forgia già nella sua infanzia.
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Gramsci ha il gusto del racconto, era un vero narratore. Si divertiva a raccontare storie, lo si sente nelle lettere ai familiari, non solo ai due figli, ma anche alla cognata, alla madre, alla moglie. Un po' perché voleva rassicurare sul suo stato, e un po' perché si sente che vuole risollevare il tono di una corrispondenza, che altrimenti sarebbe stata molto penosa da una parte e dall'altra. Si sforza, invece, di trovare piccole storie divertenti tra i suoi ricordi, ma anche nella sua vita in carcere. Come la storia del maiale arrestato, accaduta nel periodo di confino a Ustica. 
Ha il dono del narratore, perché ha avuto l'esperienza da bambino di ascoltare i vecchi raccontare e tutto quel mondo fantastico riemerge nel tempo doloroso del carcere. 
Tuttavia non è certo un mezzo per costruirsi un mondo nostalgico nel quale rifugiarsi. Al contrario vi ritrova i valori che hanno poi dato forma al suo pensiero, sia di filosofo che di politico.
La vicinanza alle masse popolari, la comprensione dello sfruttamento dei lavoratori, il senso di subalternità rispetto a classi egemoni. Sono concetti che Gramsci, prima che sui libri, ha sperimentato sulla propria pelle. Perciò la filosofia della prassi trova in lui uno dei più alti interpreti. E resta uno degli intellettuali italiani più studiati in tutto il mondo.
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Ho potuto verificare quanto Gramsci sia ancora oggi conosciuto, letto, amato all'estero. 
In Scozia, nel presentarmi la figura del grande folklorista Hamish Henderson mi dissero subito che era stato il primo traduttore in inglese delle Lettere dal Carcere di Gramsci. Più tardi ho scoperto che Henderson sentì per la prima volta parlare del nostro filosofo dai partigiani, al fianco dei quali combatteva tra le forze alleate di liberazione. Henderson sopravvisse alla battaglia di Anzio e, una volta tornato nella sua Scozia, tutto ciò che leggeva nelle Lettere dal Carcere a proposito di folklore e ruolo degli intellettuali,  gli farà da guida per iniziare le sue campagne di raccolta dei canti e ballate popolari scozzesi, un lavoro immane che ha lasciato il segno nel grande patrimonio culturale britannico.
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​Più di recente ho avuto modo di portare i racconti di Gramsci in Tunisia, e anche qui ho scoperto come il filosofo sia ben conosciuto non solo nei circoli di artisti e intellettuali, ma anche tra gli insegnanti della scuola primaria. Ho potuto raccontare le storie che il filosofo scriveva ai figli, in francese con traduzione simultanea in arabo, davanti a ragazzi e ragazze di 10-11 anni. Al termine mi hanno chiesto di lasciare su un pannello le frasi con cui concludo sempre lo spettacolo, le famose frasi di esortazione ai giovani che Gramsci pubblicò il 1° maggio 1919 sul primo numero dell'Ordine Nuovo: 

Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.
Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo.
​Organizzatevi,
 perché avremo bisogno di tutta la nostra forza
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Si possono trovare molte edizioni dei "racconti" di Gramsci, il corpus di fiabe dei Fratelli Grimm tradotte dal tedesco e contenute nei Quaderni, i famosi racconti tratti dalle lettere ai figli come "L'albero del riccio", "Il topo e la montagna", ecc. 
Ma il consiglio è quello di leggerli e poi raccontarli sempre all'interno del contesto storico e del pensiero gramsciano nella sua completezza. Cioè, se raccontiamo L'Albero del riccio, ricordiamo sempre che è stato scritto in carcere da un intellettuale comunista e antifascista!
Riferimenti:
"Lettere dal Carcere" varie edizioni
"Vita di Antonio Gramsci" di Giuseppe Fiori, varie edizioni a partire dal 1966
"Gramsci nel mondo arabo" (a cura di P. Manduchi, A. Marchi, G. Vacca, Il Mulino, 2017)
"Antonio Gramsci Letters from Prison" tradotte da Hamish Henderson, varie edizioni dal 1974




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Da Prometeo a Sant'Antonio o come il fuoco arrivò sulla terra

10/1/2021

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E' il momento dell'anno in cui il buio inizia a diminuire, la luce ritorna sulla terra. E si celebra chi ha portato la luce sotto forma di fuoco. Nella cultura classica domina il mito titanico di Prometeo, ma ve n'è un altro molto diffuso in area mediterranea. E i protagonisti sono un santo, un maialino, e il fusto di una pianta particolare ... 

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Copertina pubblicazione (c) Archivi del Sud edizioni 2015
Prometeo, dopo aver modellato gli uomini dalla terra e dall'acqua, diede loro anche il fuoco, all'insaputa di Zeus, nascondendolo in una ferula, racconta il mito greco.
Il fusto della ferula communis  ha un ruolo anche nella leggenda popolare dove si mescolano elementi pagani e cristiani. Un sincretismo religioso che si manifesta anche nel rito associato al santo, celebrato con grandi fuochi, inutilmente osteggiati e poi tollerati dalla Chiesa.
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S. Antonio abate, statua lignea, Cattedrale, Castelsardo
PictureFalò di San'Antonio a Cuglieri 2018 (foto Enedina Sanna)

​Si avvicina il 17 gennaio, festa di Sant'Antonio Abate o del fuoco, raffigurato sempre con il suo bastone ed il fedele maialino. Protettore degli animali domestici, era caro anche ad Antonio Gramsci, che aveva preso il nome dal santo, essendo egli nato il 22 gennaio: "... al quale tengo moltissimo per tante ragioni di carattere magico" scrive in una lettera ai familiari.
Vissuto tra il 251 e il 356 d.C. in Egitto, la sua biografia si conosce bene grazie alla testimonianza del suo discepolo Attanasio. Visse oltre cent'anni, in gran parte trascorsi da eremita e venerato già in vita come un santo. 

Ho narrato molte volte la leggenda popolare diffusa in Sardegna e ho introdotto alcune variazioni, suggerite dall'interazione con i piccoli ascoltatori. 
​                                                                              ***
Avrete sicuramente sentito parlare del mito di Prometeo che donò il fuoco agli uomini, dopo averlo rubato agli dèi. In Sardegna raccontiamo un’altra storia. Qui è Sant’Antonio ad aver portato il fuoco sulla terra, con l’aiuto del suo maialino. Ascoltate come andarono le cose.
 
C’è stato un tempo in cui gli uomini non conoscevano il fuoco. O meglio, lo conoscevano, ma non lo possedevano ancora. Riuscite ad immaginare come era dura la vita senza fuoco? (lascio che siano i bambini ad elencare: non ci si poteva riscaldare, non c'era luce per la notte, non si potevano forgiare i metalli, non si poteva cucinare, e così via). 
 
Così, gli uomini, infreddoliti e stanchi di quella misera vita, decisero di andare a chiedere aiuto a Sant’Antonio, che viveva da eremita in una grotta.
Gli uomini vanno a cercarlo, lo chiamano e lui esce dalla sua grotta, accompagnato da un maialino. Perché dovete sapere che Sant’Antonio, prima di essere santo, era porcaro, allevava maiali, e quando aveva deciso di ritirarsi in preghiera, aveva preso con sé un maialino che lo seguiva dappertutto come un cucciolo.
 
Allora, quando gli uomini lo videro arrivare, gli rivolsero queste parole: “Sant’Antonio, facci la carità, siamo uomini della terra, siamo stanchi, abbiamo freddo, fame, procuraci il fuoco”. Il santo provò compassione per quegli uomini e disse:
“Sì, ve lo procuro il fuoco, so io dove trovarlo, dove brucia eterno!”. Dove pensate che vada S. Antonio? (nel vulcano! dicono in coro i bambini. E io non li contraddico, certo. Ma aggiungo che in fondo fondo a questo vulcano, c'è l'Inferno, e così posso continuare la storia, ché se no sarebbe finita qui!).

E Sant’Antonio parte, seguito dal suo fedele maialino che scodinzola come un cane, felice dell’escursione. Prima di partire il santo prende con sé un lungo bastone di ferula.
Ora la ferula è una pianta molto comune in Sardegna nei terreni a pascolo, e questa pianta ha un legno che all’interno è cavo e spugnoso, e questo come vedremo ha la sua importanza per questa storia.
​
Sant’Antonio arriva al grande portale dell’Inferno e con il suo bastone bussò. TOC TOC, toc toc, toc toc, si sente l’eco dentro l’Inferno che si ripete nei gironi che scendono giù verso il centro della terra.
I diavoli non aspettavano visite: “Chi è?” gridano.  “Sono un uomo della terra - dice Sant’Antonio - fatemi entrare un poco a scaldarmi”. Ma i diavoli capiscono subito che quello è un santo e non può entrare nell’Inferno. Cercano di cacciarlo via, ma Sant’Antonio riprende a bussare, TOC TOC, toc toc toc toc …
 
I diavoli allora iniziarono a preoccuparsi che tutto quel bussare non finisse per svegliare il grande capo, Lucifero, che dormiva negli abissi degli inferi. Allora uno di loro si decise ad aprire il portone, ma solo per dire a Sant’Antonio di andarsene. Ebbene, non fece neanche in tempo a dire una parola, che il maialino non appena vede schiudersi il portone, si infilò dentro e incominciò a correre, a gettare uno scompiglio che non si era mai vista tanta confusione nell’Inferno.
I diavoli lo inseguirono, cercarono di acchiapparlo, ma niente, lui sgusciava via, e grugniva, grufolava, tutto eccitato per tutte quelle scintille, il fumo, e le fiamme. Era così felice e pieno di gioia! Un vero scandalo per l'Inferno. Insomma, alla fine i diavoli si videro costretti a tornare al portone dove avevano lasciato Sant’Antonio e lo fecero entrare con l’ordine di riprendere il suo maialino e riportare la calma nell’Inferno.
Detto fatto: bastò toccare il maialino con il bastone di ferula e lui ritornò quieto ai piedi del santo.
 
Ma ormai Sant’Antonio era entrato nell’Inferno e così pregò i diavoli di lasciarlo lì per un po’, giusto il tempo di scaldarsi un po’ i piedi.
I diavoli acconsentirono, non avevano tempo di occuparsi di lui, gli dissero di mettersi in un angolo e di non far perdere loro altro tempo, dovendo rimettere tutto in ordine e recuperare il tempo perso.
Sapete, i diavoli tengono sempre tutto in ordine e hanno tutto il loro tempo organizzato, non possono perdere un solo secondo.
Insomma, mentre i diavoli erano distratti nel loro lavoro, Sant’Antonio sapete cosa fa?
Prende il suo bastone di ferula e lo accosta alle braci ardenti.
Una scintilla entra dentro il bastone cavo e il legno spugnoso incomincia a bruciare dentro, senza che si veda niente all’esterno.
Quando Sant’Antonio capisce che il fuoco è entrato dentro il suo bastone, incomincia ad allontanarsi verso l’uscita, salutando e ringraziando i diavoli, che lo accompagnano subito al portone ben felici che se ne vada via con il suo maialino.
Sant’Antonio riprende il cammino per salire sulla terra, dove arriva in una notte fredda e stellata.
Gli uomini lo aspettavano e quando il santo li vide incominciò ad agitare nell’aria il bastone da cui sprizzavano le scintille. E disse:

                      Fogu fogu / peri su logu / peri su mundu / fogu iucundu

                                                                         ***
La festa di Sant'Antonio con i suoi fuochi segna l'inizio del Carnevale in tutta l'isola.






































                                                                  ***

* L'immagine della copertina si riferisce alla pubblicazione bilingue italiano/inglese  realizzata da Archivi del Sud nel 2015
​   (grafica Marica Busia)
 



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    Coltivo l'arte della narrazione orale o 'storytelling' come disciplina artistica e mezzo per comunicare con mondi diversi.
    Il blog nasce dal desiderio di trasmettere ciò che ho imparato (e che continuo ad imparare ogni giorno) su quest'arte.

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